Piuculture: La comunità romena è prima, in soli trent’anni

La migrazione romena in Italia è un fenomeno relativamente recente ma di dimensioni molto vaste, i romeni sono il gruppo di cittadini stranieri più numerosi nella penisola,  la comunità romena ha una rilevanza notevole non solo economica, ma anche sociale e culturale.
I primi romeni che lasciano il paese lo fanno per sfuggire alla dittatura di Nicolae Ceauşescu che nel 1974 si proclama Presidente della Romania e resta al potere fino alla notte di Natale del 1989 quando viene fucilato assieme alla moglie, dopo 25 anni di dittatura. Si stima che in quel periodo 300.000 romeni  siano emigrati per salvaguardare la propria sicurezza personale.

Comunita romena: la rivoluzione Bucarest dicembre 1989

Comunità romena: 1990 la caduta della dittatura dà il via all’emigrazione

La migrazione ha preso consistenza alla caduta della dittatura, inizialmente è stata soprattutto a carattere etnico e religioso e ha riguardato le minoranze tedesche, ungheresi e rom. I paesi limitrofi sono stati le prime destinazioni, seguiti da Spagna e Italia che, con il passare del tempo, sono diventate le mete preferite  dai migranti romeni “Sono arrivato in Italia il 27 gennaio 1990, non lo dimenticherò mai” racconta Cristian.
La caduta del regime di Ceauşescu,  la conseguente chiusura delle fabbriche e la dilagante disoccupazione portano i romeni  a lasciare il loro paese alla ricerca di lavoro e di salari migliori. In pochi anni la Romania perde oltre 2milioni e mezzo di abitanti, pari al 10% della popolazione: per i romeni che  si trasferiscono all’estero  l’Italia diventa rapidamente la prima destinazione.
L’Italia viene scelta perché, in quegli anni, aveva politiche di ingresso non molto restrittive e per prossimità culturale. L’italiano, come il romeno, è una lingua neolatina quindi non particolarmente difficile da capire e da apprendere. Inoltre il fatto che l’Italia sia un paese cattolico facilita il flusso dalle regioni cattoliche della Romania. Va ricordato anche che durante il regime l’industria tessile e quella manifatturiera italiana erano presenti in Moldavia, che allora faceva parte della Romania, e di conseguenza si era creata una rete di relazioni fra i due paesi. Nel 1990 i romeni in Italia sono  8mila, ma già alla fine degli anni ‘90  sono diventati sei volte più numerosi raggiungendo le 50mila presenze.  Nel  2001 con 69.999 permessi di soggiorno i romeni occupano il terzo posto fra le comunità straniere  presenti nella penisola.https://e.infogram.com/2c4a5385-19d3-4f0f-ad75-be888287e2c9?parent_url=https%3A%2F%2Fwww.piuculture.it%2F2020%2F04%2Fmezzo-secolo-daccoglienza-la-comunita-romena-prima-in-soli-30-anni%2F&src=embed#async_embedEvoluzione per comunità
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Comunità romena: 2002 sanatoria uguale emersione

Le donne romene, individualmente, fanno parte in maniera consistente dei flussi migratori, soprattutto dal 2002 quando è stato abolito l’obbligo di visto per soggiorni inferiori a tre mesi.  Molte donne sono partite, sostenute da una rete di rapporti parentali o amicali, intensificando i flussi non ufficiali o di breve durata a carattere circolare, alimentati da coloro che desiderano lavorare all’estero per brevi periodi e poi tornare a casa, per non sconvolgere la vita famigliare. Altri dopo i primi tre mesi di permanenza scivolano nell’irregolarità per riemergere nel 2002, anno della regolarizzazione numericamente più significativa realizzata in Italia destinata a colf, badanti e lavoratori subordinati irregolari. La sanatoria fu realizzata contestualmente alla promulgazione della Legge 189 del 30 luglio 2002, Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo, comunemente nota come Legge Bossi Fini. La regolarizazzione evidenzia la consistenza della comunità romena che con 177.812 soggiornanti al 1 gennaio 2004 ha un incremento dell’87% rispetto all’anno precedente.

Comunità romena: 2007 impennata per l’entrata nella UE

Nel biennio 2006 2007 una serie di eventi contribuirono all’incremento della presenza dei Romeni in Italia:

  • nel 2006 nel decreto flussi quote consistenti furono riservate ai romeni e questo ha portato anche all’emersione di ulteriori lavoratori già presenti in Italia ;
  • il 1 gennaio 2007 la Romania  è diventata membro dell’Unione europea e ha beneficiato  del regime di libera circolazione prevista per i cittadini e i lavoratori comunitari.

Dopo la crescita vertiginosa registrata nei residenti al 1 gennaio 2008, + 82,7%, dovuta all’allargamento dell’Ue che include la Romania, la crescita si protrae,  in misura ridotta, anche nel 2008, ne 2009 e nel 2010 quando si ha un  incremento che via via si riduce, passando dal 27,4%, al 11, 5%, fino al  +9,1%, una variazione comunque tutt’altro che trascurabile.

La liberalizzazione degli accessi comporta l’arrivo in Italia anche di un elevato numero di MSNA, minori stranieri non accompagnati, come spiega l’Unar, Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali,  “abbandonati o venduti dai genitori o sfuggiti a un regime familiare oppressivo” che rischiano di essere intercettati dalla malavita e diventare vittime di tratta o essere coinvolti nella prostituzione. La tratta dei minori romeni di entrambi i sessi coinvolge bambini e adolescenti sfruttati con modalità diverse: prostituzione, accattonaggio, furti e altre attività illegali. Si arriva anche alla riduzione in schiavitù in seguito a percorsi migratori illegali che portano allo sfruttamento sessuale di adolescenti femmine provenienti dalla Romania (Save the Children 2017) o di minori rumeni maschi che si prostituiscono sia autonomamente che in circuiti gestiti da pari o da adulti.

Comunità romena: 2012 vicini al milione ma in flessione

Il 1 gennaio 2012 è l’unico anno nel quale si registra una flessione negativa nella  presenza della comunità romena: i residenti scendono a  834.465 presenze, il 17,7% in meno rispetto all’anno precedente.  Una diminuzione dovuta alla crisi economica e alla difficoltà di trovare lavoro: il tasso di disoccupazione straniera passa dall’8,1% nel 2008, al 14,1%, nel 2012, con circa 382mila immigrati rimasti senza un lavoro. E mentre la presenza femminile, impegnata soprattutto nei servizi di cura alla persona, cresce o rimane costante, la crisi coinvolge i settori a prevalente occupazione maschile come l’edilizia. La recessione di conseguenza spinge molti lavoratori romeni a lasciare l’Italia per rientrare in Romania o dirigersi verso i paesi del Nord Europa.Infografiche Comunità Romena
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Comunità romena: 2019 una presenza radicata

I Romeni in Italia, da tempo la comunità straniera più numerosa, sono 1.206.938 al 1 gennaio 2019, pari al  23% della popolazione straniera presente nel paese  che è composta da  5.255.503 cittadini. Il 10% dei migranti romeni, stimato pari a 120mila persone, è rom, il gruppo più numeroso, composto da 6mila persone, vive a  Roma. I rom romeni tendono a mimetizzarsi per sfuggire ai pregiudizi sia nella vita quotidiana che nella ricerca del lavoro.

Quasi tutte le famiglie in Romania sono state coinvolte, a partire dagli ultimi trent’anni, nel processo migratorio, anche se con modalità diverse. Chi è partito da solo, e non è stato raggiunto dai famigliari, si immagina come migrante temporaneo, anche se prevede di stare lontano da casa per diversi anni. I Romeni hanno elevati tassi  di ricongiungimento familiare poiché la presenza di gruppi stabilizzati della comunità stimola l’insediamento e di conseguenza si sviluppa  un processo autopropulsivo. Se il primo migrante della famiglia è donna i ricongiungimenti sono minori di quelli dei connazionali maschi. Se uno o entrambi i genitori sono partiti e successivamente si sono ricongiunti con il resto della famiglia  hanno in genere il progetto di rimanere in Italia. Questo è possibile grazie all’alto tasso di occupazione dei romeni, che supera il 60%, ed è maggiore del tasso medio di occupazione degli stranieri. L’emigrazione romena è diventata famigliare con una presenza significativa dei figli minori. Avere i figli vicini e garantire loro un vita migliore sono fra gli imperativi che portano alla stabilizzazione delle famiglie romene in Italia. Una conferma della volontà di restare emerge dal ruolo importante che viene dato all’istruzione dei figli e al loro successo scolastico, premessa di un futuro migliore.

Sono cinque le regioni nelle quali risiedono la maggioranza dei romeni:

  • il 19,3% nel Lazio con 236.461 persone;
  • il 14,4% in Lombardia con 176.582;
  • il 12,3% in Piemonte con 147.916;
  • il 10,5% nel Veneto con 126.912;
  • il 7,8% in Emilia Romagna con 94.272.

settori prevalenti di inserimento lavorativo sono:

  • l’edilizia dove i romeni sono 41.188 su 242.285 stranieri, cioè il 17,2%, sul  totale di addetti del settore che sono  1.406.781;
  • l’agricoltura che vede occupati 107.591  su  oltre 250mila stranieri nel settore,  pari al 25,2%  del totale degli occupati nel settore  che sono 991.650;
  • servizi alla persona con circa 2milioni di addetti, dei quali 1.200.000 irregolari, e dove il 60% è straniero con una prevalenza di romeni pari al 20% degli addetti .

Più della metà dei lavoratori romeni ha un’occupazione non adeguata al titolo di studio posseduto. Si tratta di occupazioni non prive di rischi essendo settori  dove  sono diffusi il lavoro nero, il caporalato e  lo sfruttamento della manodopera straniera. Altro risvolto negativo della situazione occupazionale dei romeni  è anche il primato tra i lavoratori infortunati con 15.368 infortuni, di cui 48 mortali(2015).
Va detto però che sono numerose le imprese individuali con titolare romeno, oltre 49.300, pari a un decimo delle imprese individuali straniere, oltre il 60% è attivo nel settore  edile.
Il reddito che i romeni traggono dal lavoro viene in parte inviato a casa, in media attorno ai 50 euro al mese,  per un totale che nel 2017 ha raggiunto quasi i 4 miliardi, pari al 2,2 del PIL della Romania.

Comunità romena: la migrazione femminile

La comunità romena vede una prevalenza della componente femminile: le donne sono 693.649, pari al 57, 4% del totale dei  romeni residenti in Italia. Ci sono  74 uomini romeni  ogni  100 donne, un divario molto più elevato rispetto alla media complessiva degli stranieri che vede la presenza di 93 uomini ogni 100 donne. Le donne lavorano nei servizi soprattutto di cura, sono prevalentemente  colf e badanti, oltre che trovare occupazione nella ristorazione e nel turismo.

Quando le donne partono da sole, separandosi per lunghi periodi dalla famiglia, o se ad andare via sono entrambi i genitori, i bambini lasciati in Romania vengono affidati a parenti o vicini di casa. L’Unicef nel 2010 parla di circa 350mila orfani bianchi, pari al 7% dei minori romeni. Questo distacco dai famigliari non è privo di rischi sia per i figli che ne risentono con ripercussioni traumatiche che possono portare a devianza, insuccesso scolastico e talvolta avere conseguenze ancora più tragiche, ma anche per le donne, soprattutto quelle occupate nel lavoro di cura, perché lo stress, l’isolamento nelle case in uno paese straniero, può generare stati depressivi e conseguenze gravi fino al burnout.

Giovani romeni in una danza popolare in occasione della maratona
Comunità romena: giovani romeni si esibiscono in una danza tradizionale

Comunità romena: i giovani e l’istruzione

Nelle scuole italiane sono iscritti più di 8milioni e mezzo  di  studenti di cui circa il 10% con cittadinanza non italiana. I tassi di scolarità degli studenti di origine straniera sono prossimi a quelli degli italiani sia nella fascia di età 6-13 anni (intorno al 100%), corrispondente alla scuola del 1° ciclo, sia nella fascia 14-16 anni, corrispondente al primo triennio di secondaria di II grado (circa il 90%), invece sia nella scuola dell’infanzia 3-5 anni che nell’ultimo biennio della scuola secondaria di secondo grado, 17-18anni, il tasso di scolarità dei ragazzi non italiani diminuisce fino a oltre dieci punti in percentuale.
Fra gli studenti stranieri quelli che hanno la cittadinanza romena sono i più numerosi 158.044(Miur 2018) pari al 18,8% sul totale degli studenti stranieri che sono 841.719. Ma solo 91.389 di questi ragazzi romeni sono nati in Italia, cioè il 58%, una percentuale molto più bassa rispetto alle altre comunità: in testa ci sono gli studenti cinesi: l’82,3% di loro è nato in Italia, seguono i giovani marocchini e albanesi  dove il 76% è nato in Italia, così come il 67% degli studenti filippini.
Alle superiori oltre il 20% dei giovani romeni predilige il liceo, mentre mediamente lo sceglie il 18% degli stranieri che tendono invece a orientarsi, in oltre il 40% dei casi, verso gli istituti professionali. Il buon rendimento scolastico dei giovani romeni è facilitato dall’abitudine a parlare in italiano contrariamente ad altre famiglie migranti e al confronto con il sistema scolastico di origine ritenuto più impegnativo

Comunità romena: pregiudizi e realtà

L’atteggiamento degli italiani nei confronti della comunità romena ha avuto un andamento altalenante: dopo un breve periodo  di simpatia ai tempi  dell’insurrezione contro la dittatura di Ceauşescu  i romeni,  analogamente agli albanesi, sono spesso stati discriminati sui media nella narrazione dei fatti che li vedevano coinvolti creando un clima di sospetto  negli italiani. La fobia nei confronti dei romeni ha raggiunto la fase più critica in occasione del terribile omicidio di Giovanna Reggiani nell’ottobre 2007. Il potenziale criminale dei cittadini stranieri è molto sopravvalutato nella percezione degli italiani. Complessivamente gli  stranieri reclusi sono 20.255 pari al 33,9% della popolazione carceraria composta da 59.655 persone. La percentuale degli stranieri si mantiene stabile negli anni e i cittadini romeni nei penitenziari italiani sono2.561(nel 2018) pari al 12,6% dei detenuti stranieri. Nelle sezioni femminili prevalgono le detenute provenienti da due paesi:  Romania (227) e Nigeria (204), che insieme sono pari al 44% delle recluse straniere che complessivamente non arrivano a mille. “La paura, in una società caratterizzata dalla precarietà – può diventare ideologia e portare il Paese a diventare ostaggio di questo sentimento, finendo per parlare di ladri e assassini anziché di muratori e di badanti”. Infatti, secondo i dati dell’Unar i romeni “appaiono in realtà più vittime che ‘untori’”, soprattutto a causa di “un’informazione tendenziosa sui fatti nei quali sono coinvolti.  É tempo  che anche gli italiani si sforzino di capire che senza i romeni l’Italia starebbe peggio e che la realtà è migliore rispetto a quello che si legge nella cronaca nera”. Negli ultimi anni i cittadini romeni hanno riscattato la loro immagine negativa presso la gran parte degli italiani attraverso la loro attitudine nel lavoro e l’inserimento sempre più strutturato della comunità nella società italiana.

Comunità romena a Roma e l’associazionismo

Roma è in Italia la città con il maggior numero di cittadini di origine romena: 92.796 abitanti pari al 24% della popolazione straniera della capitale. I Romeni sono presenti in tutti e 15 i Municipi di Roma,  dove occupano il primo posto per numerosità, salvo nel I e nel V Municipio  dove prevalgono i cittadini bangladesi e nel II Municipio dove sono superati dai filippini.

Il VI Municipio, che comprende i quartieri Torre Spaccata, Torre Angela, Borghesiana, Torre Maura, Torrenova, Torre Gaia, Don Bosco, Acqua Vergine, Lunghezza, S. Vittorino,  è quello che vede la comunità romena di gran lunga più consistente con 21.973 presenze, seguita dai cittadini di origine cinese che sono 2.461. Il Municipio con la comunità romena meno numerosa è l’VIII con 2.074 cittadini di origine romena seguiti dai bangladesi che sono 1.872.

Fra le istituzioni prestigiose che si occupano della diffusione della cultura romena in Italia “L’Accademia di Romania di Roma è uno spazio incredibile che emana arte e cultura, tutti noi romeni che viviamo a Roma ne siamo orgogliosi.” A parlare è Oana Bosca-Malin, Vicedirettore responsabile dell’Accademia.

La comunità romena in Italia ha costituito nel tempo un centinaio di associazioni presenti soprattutto nel Lazio 37, delle quali 29 a Roma, in Lombardia 13, in Piemonte e Sicilia 11. Si tratta di associazioni di dimensioni diverse, alcune hanno legami con federazioni nazionali e internazionali e relazioni con istituzioni e prefetture dove svolgono anche ruoli consultivi.
Queste  associazioni coinvolgono complessivamente  diverse migliaia di persone e agiscono per promuovere: la cultura romena in Italia, la crescita dei giovani romeni preservando la cultura e la lingua del paese d’origine,  associazioni che forniscono supporto informativo, giuridico, assistenziale o si occupano di sport “ho cominciato a coltivare l’idea di una squadra di calcio che uscisse dalla piccola realtà del gioco tra amici. Volevo costruirla in modo che fosse capace di confrontarsi con altre nazionalità” racconta Silvio Ciobataru ideatore dello Sport Club Dacia
Per aggregare la comunità non mancano i media sia in lingua romena che in italiano: giornali, radio e  televisione.
Anche le chiese sono un centro di aggregazione per la comunità romena, dopo la messa spesso si coglie l’opportunità per pranzare insieme soprattutto in occasione di festività religiose o nazionali o di eventi organizzati ad hoc “Abbiamo organizzato questo concerto per ricordare alla comunità le nostre usanze” racconta il padre Serafim sacerdote nella chiesa di San Valentino al Villaggio Olimpico.

Nicoletta del Pesco
Infografiche: Rosy D’Elia, Flaminia Zacchilli
(29 aprile 2020)

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